Nessuno dimenticherà la storia di Mustafa, il bambino di Aleppo rimasto ucciso lo scorso 30 maggio mentre vendeva dolcetti per aiutare la famiglia, finita in miseria a causa della guerra. La sua è una delle oltre 14 mila storie di piccoli siriani che hanno perso la vita a causa delle violenze perpetrate dal regime contro la popolazione civile. Storie che andrebbero raccontate, una per una, perché ognuna di quelle vite innocenti spezzate dalle armi e dagli interessi costituisce una perdita per l’intera umanità.
Di questi angeli non resta che la memoria, non resta che l’amore ferito ma inestinguibile delle famiglie. Sopravvivere ad un figlio è quasi innaturale, raccontare la sua breve vita e poi la sua morte è estremamente doloroso. La compostezza e la dignità della madre di Mustafà, mentre ricorda il figlio scomparso, è uno straziante lamento contro la violenza, un epitaffio pieno d’amore, rimpianto, dolore. La donna si esprime con le parole della fede e della pazienza, ma ciò che dice va al di là di ogni religione e credo: le sue sono parole universali, che dovrebbero far riflettere tutti.
“Aveva modi estremamente gentili. Mi chiedeva sempre di pregare per lui. Ogni volta che usciva recitava “L’aprente” (la prima preghiera nel Corano ndr) affinché Allah lo proteggesse. Aveva un comportamento sempre corretto. Quando è caduto martire il Signore non ci ha abbandonato. Quando me lo hanno portato … mio Dio prego che a nessuna madre venga mai riportato il figlio in quello stato … Ora ho paura, non faccio scendere in strada gli altri figli.
La gente è stata generosa con noi, ci hanno dato un sostegno quando è morto Mustafà. Per il suo sacrificio, Dio ci ha dato un aiuto, ha messo sulla nostra strada anime generose che ci hanno portato aiuti direttamente in casa. Non esiste una persona più buona di Mustafà, ho altri figli, ma nessuno è come lui. Non mi diceva mai no, qualunque cosa gli chiedessi. Quando di interrompeva l’erogazione dell’acqua corrente, andava alla fonte per riempire le bottiglie, correva per fare tutto quello che gli veniva chiesto.
Quando me lo hanno riportato a casa esanime, anche i vicini di casa mi hanno detto che non avevano mai sentito in vita loro un profumo simile: il profumo di Mustafà martire ha riempito ogni angolo della strada. Uno dei vicini ha problemi alla schiena, non può prendere in braccio nemmeno la figlia di due anni, eppure quando ha visto Mustafà lo ha preso in braccio e portato fino al terzo piano senza nemmeno rendersene conto… Mustafà era leggero, leggero perché voleva volare in cielo; mi diceva sempre che avrebbe voluto diventare martire. Questo era Mustafà. Prego che Dio lo accolga nella sua misericordia. Spero che vada in Paradiso accanto al Profeta Muhammad”.
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