6 agosto 1945: l’aviazione americana sgancia sulla città giapponese di Hiroshima una bomba atomica, chiamata “Little Boy”. Tre giorni dopo, il 9 agosto, viene colpita la città di Nagasaki; l’ordigno usato si chiamava “Fat man”. Il bilancio diretto di queste due operazioni militari oscilla tra le 150 e le 200 mila vittime.
21 agosto 2013: la città di Al Ghouta, periferia di Damasco, in Siria, si sveglia per l’ennesima mattina sotto i bombardamenti dell’aviazione siriana. Quella mattina vengono sganciate bombe al sarin che provocano oltre 1500 vittime, la stragrande maggioranza dei quali erano bambini colti nel sonno.
Fatti drammatici molto distanti tra loro storicamente e geograficamente, diversi anche per le dinamiche e il contesto in cui si sono svolti, eppure oggi è spontaneo fare un parallelo. Nei primi due casi era in corso una guerra, la seconda guerra mondiale; c’era un esercito, quello americano, che attaccava un paese considerato nemico, il Giappone. I nomi scelti per i famigerati ordigni, in italiano si sarebbero chiamati “Ragazzino” e “Uomo grasso” – due nomi quasi giocosi, divertenti, per armi di violenza inaudita – la dicono lunga sul clima che regnava all’epoca. I militari coinvolti nei bombardamenti ricevevano in modo sistematico la benedizione dei cappellani militari e lo sterminio di migliaia di persone, con la distruzione delle loro città e villaggi veniva considerato un successo. L’esercito americano affermava così la sua supremazia sul mondo e si aggiudicava il primo punto di quella che sarebbe poi stata chiamata guerra fredda.
In Siria nell’agosto 2013 non è stato un esercito straniero a scatenare l’offensiva contro la popolazione inerme di Al Ghouta, ma è stato l’esercito siriano stesso, anche se la campagna mediatica di assad e dei suoi sostenitori e complici a livello internazionale hanno cercato di attribuire la colpa ai ribelli. Secondo il regime di Damasco i suoi oppositori si sarebbero auto-inflitti l’attacco. Secondo altre fonti dietro l’attacco c’era la mano di servizi segreti stranieri. Di fatto, quello di Al Ghouta non è stato l’unico caso di uso di armi chimiche in Siria, ma certamente il più efferato. Il clamore mediatico che si è scatenato intorno a questa vicenda non è stato di indignazione per le vittime, né di reale condanna dell’accaduto: quella a cui i siriani e il mondo intero hanno assistito è stata una macabra farsa, un balletto di colpe e discolpe che ha visto i potenti e i media del mondo prendere posizione e battibeccare come se si fosse trattato di un caso di violenza isolato. La realtà è che i civili siriani, sono stati bombardati prima, durante e dopo l’attacco al sarin, anche con armi chimiche e che il loro sterminio continua impunito: contro i civili inermi si usano barili tnt, bombe a grappolo, armi bianche, ma anche l’arma dell’assedio, che ha affamato e stremato il popolo, conducendo alla morte decine di bambini e malati.
Chissà se ci sarà mai un mea culpa, un atto formale di distacco o condanna per il genocidio di Hiroshima e Nagasaky; nell’attesa, è inutile anche solo immaginare che assad dovrebbe salire (da solo) sul banco degli imputati per il massacro di Al Ghouta. In molti hanno riso, di un riso amaro, quando Obama ha affermato: “Noi siamo gli Stati Uniti, non possiamo lasciare impunito un attacco chimico…”. Come a dire “Noi siamo gli unici che possiamo farlo…”.
Hiroshima come Nagasaki, come Al Ghouta: esseri umani che impiegano armi disumane, vittime che cadono senza neppure avere il tempo di rendersi conto di cosa sta accadendo. Generazioni di bambini deformati e malati che nascono dopo gli attacchi e per i quali non esistono cure. L’incredulità di donne e uomini di tutto il mondo che ripudiano la guerra e le armi e non si capacitano di simili orrori, ma sono totalmente impotenti.
Hiroshima era già stata confrontata con un’altra città siriana, Aleppo: un rapporto dell’Unesco, pubblicato nel marzo 2014, afferma che i bombardamenti hanno raso al suolo oltre il 40 per cento della città e che il livello di distruzione è ormai superiore a quello subito dalla città nipponica. Errori ed orrori che si ripetono nella storia dell’umanità. Vittime che restano avvolte dal silenzio, mentre i carnefici continuano ad urlare le proprie ragioni e spargere altro sangue.
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