Hanno pubblicato in rete questa foto per ricordarlo così, solare, sorridente, vivo. È l’omaggio che i giovani media-attivisti della città assediata di Homs hanno voluto fare a padre Francis, il religioso gesuita assassinato tre giorni fa. Il suo omicidio ha aggiunto dolore e sconforto nei cuori dei giovani impegnati nell’attivismo pacifico che a Homs, nonostante l’assedio che dura da oltre 670 giorni, non hanno mai rinunciato ai propri valori, al proprio spirito e al senso di coesione. Nel commento alla foto i giovani hanno scritto: “Ci commuove che il giorno del tuo non compleanno sia anche il terzo giorno della tua scomparsa”. Secondo la cultura siriana, infatti, al terzo giorno dal decesso di una persona si interrompono i rituali delle condoglianze e si lascia che la famiglia del defunto elabori il suo lutto privatamente. “È come se Abuna Francis ci avesse lasciato un messaggio di speranza, di rinascita “- scrivono.
Il religioso di origine olandese, in Siria da oltre 35 anni, si trovava nel suo monastero all’interno di uno dei 13 quartieri assediati della città vecchia di Homs. Ce lo avevano fatto conoscere proprio i media-attivisti con i loro video, raccogliendo anche le sue denunce sulla gravissima emergenza umanitaria nella zona e sulla necessità di aprire corridoi umanitari. Padre Francis, insieme ai suoi colleghi musulmani della zona assediata, aveva partecipato attivamente alle operazioni di parziale evacuazione dei civili attuate in conseguenza dei colloqui di Ginevra2, stilando una lista di casi prioritari tra i fedeli della sua parrocchia, che necessitavano di urgente sostegno e cure. (Vedi anche https://diariodisiria.wordpress.com/2014/02/09/padre-francesco-la-voce-dei-gesuiti-di-homs-video/)
“La sua morte – raccontano i giovani in un collegamento Skype – ci ha ricordato un’altra esecuzione, quella dell’imam Safwan Masharqa ( https://diariodisiria.wordpress.com/2013/12/21/ucciso-il-religioso-simbolo-di-homs-sheikh-safwan-masharqa-video/), ucciso sul pulpito mentre parlava ai fedeli proprio della sacralità della vita umana. Uccidere le guide spirituali del popolo significa condannare le persone assediate alla solitudine e soprattutto seminare odio, sospetto, alimentando le derive settarie. Chi ha interesse a uccidere religiosi che da decenni convivono e guidano le rispettive comunità di fedeli nel reciproco rispetto? Chi ha interesse a farlo proprio ora, in questa situazione di grave emergenza esistenziale? L’uccisione di Abuna è una punizione del regime per le sue posizioni contro l’assedio e la violenza. Abuna Francis era un figlio di Homs, come noi – dicono amareggiati – “.
I media-attivisti non hanno dubbi: ad uccidere il religioso sono stati sicari del regime. Quest’ultimo grida all’esecuzione per mano di bande terroristiche. Di fatto il governo di Damasco non è nuovo ad esecuzioni mirate contro personaggi considerati “scomodi”. Il pensiero degli italo-siriani corre verso un altro religioso, padre Paolo Dall’Oglio, che manca al nostro sguardo da oltre 7 mesi. La preoccupazione per lui, come per tutte le persone di cui non si ha più notizia, cresce di giorno in giorno.
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