27 marzo 2014 – Douma, nord est di Damasco
Il corpo del piccolo Luay Aldelhaq viene portato al padre avvolto in un sudario bianco. E’ una delle vittime del pesante bombardamento che oggi ha colpito la città di Douma. L’uomo in un primo momento giura vendetta contro bashar al assad: “Mi farò giustizia da solo, con le mie mani. Mi farò giustizia contro chi ti ha ucciso Luay”.
E’ un padre disperato che ha visto il figlio morire di morte violenta, che non ha potuto fare nulla per salvarlo, che lo ha visto avvolto nel lenzuolo funereo in mezzo ad altri corpi esanimi. Il dolore suscita rabbia, disperazione, odio, ma bastano pochi istanti perché l’uomo torni ad abbracciare il figlio e parlargli come se volesse rassicurarlo: “ora sei un piccolo martire, sei un beato, ti prego, portami via con te, voglio raggiungerti”. L’uomo scoppia in un pianto disperato e viene sorretto dalle persone che lo circondano.
La morte di un bambino non è diventata normalità in Siria. Ogni padre e ogni madre che perdono un figlio provano un dolore incommensurabile. E’ come se insieme al loro piccolo si spegnesse tutta l’umanità. Scene come questa si ripetono ormai da più di 36 mesi in Siria. Sono oltre 12 mila i bambini uccisi e non c’è alcun sentore che cessino i bombardamenti sulle zone residenziali. Si continuerà ad uccidere e continueranno a cadere vittime innocenti. Ci saranno padri che giureranno vendetta, poi pregheranno di morire per raggiungere presto i loro figli. Sta accadendo tutto ora. Sta accadendo tutto realmente. C’è un’umanità che sta morendo, vittima delle violenze e dello stallo.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.