Qaboun – Damasco 13 maggio 2013
Il pick up parcheggia all’ingresso della via, spingendosi fin dove i calcinacci e i detriti delle case glielo consentono. Viene caricato come ogni giorno di dolore e morte: dolore dei feriti che vengono portati al più vicino ospedale da campo; morte di innocenti a cui viene rubata, oltre alla vita, anche la dignità di un ultimo viaggio degno di un essere umano.
I corpi delle vittime vengono sistemati uno vicino all’altro e quando lo spazio manca persino uno sopra l’altro. A condurre il veicolo non è un becchino, ma un soccorritore-volontario che fino a tempo addietro non aveva mai nemmeno visto un morto e cerca di rendersi utile aiutando come può.
Un uomo porta una coperta di lana, piena di polvere e impregnata di sangue. La adagia sul retro dell’automezzo, sopra lamiere fredde e sporche. Il ragazzo che documenta la scena si avvicina. Intorno è un via vai di gente, voci incerte, rumori di fondo; si sente la voce di un bimbo che chiede: “Dove va”?. Nessuno risponde. Dentro la coperta c’è un angelo addormentato. Si chiamava Ahmad Abedin Agha. E’ una delle vittime dei bombardamenti di oggi sulla zona di Qaboun.
Nessun telegiornale del mondo parlerà di lui; l’umanità l’ha dimenticato prima ancora di conoscerlo. L’umanità è consapevole che in Siria è in corso un genocidio, ma evidentemente sono tutti troppo impegnati in altre cose e chi si occupa di Siria lo fa solo per disegnare a tavolino il futuro di un popolo esanime… Se, invece, noi raccontiamo questa storia, è perché un giovane siriano, con la sua telecamera collegata ad internet, un cosiddetto citizen journalist, ha voluto raccontarcela, forse con un minimo di fiducia nel genere umano, sperando che magari qualcuno ne venisse a conoscenza e dedicasse un pensiero o una parola a questo bambino ucciso dalla disumana violenza. Se state leggendo, il gesto del giovane reporter non è andato in vano. Riposa in pace Ahmad Abedin Agha.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.