“Aveva la voce rotta dal pianto e faticavo a capire cosa stesse dicendo. Non faceva altro che ripetere: ‘Perdonami mamma, ti prego perdonami e prega per me’. Mi ha passato suo marito. Anche lui, dopo le prime parole, ha iniziato a singhiozzare, mi ha chiesto perdono, poi ha chiuso”. Em Ayoub mi riferisce con angoscia di questa drammatica conversazione. È una donna siriana originaria di Hama, che ho conosciuto lo scorso anno in Siria e con la quale sono rimasta in contatto via Skype. Tutti i suoi figli hanno lasciato il Paese e lei è rimasta sola con il marito.
Mi racconta del dramma di sua figlia Munira; fuggita dalla Siria a seguito dei bombardamenti del regime nel 2012 e rifugiata in Libia con il marito, tre figli minorenni di cui una con un grave handicap psico-fisico. Nel primo periodo nel Paese nord africano avevano trovato una sistemazione dignitosa; con i soldi messi da parte il marito pagava un affitto e aveva aperto una piccola attività per la riparazione di mobili in legno. A Hama era un noto artigiano e lei teneva la contabilità, finché non è nata l’ultimogenita, bisognosa di assistenza e cure di giorno e di notte. In Libia, nonostante le difficoltà iniziali e il dolore per la fuga da casa, avevano ricominciato a vivere, finché la situazione del Paese non è precipitata e sono iniziate le persecuzioni e le violenze contro i siriani. Munira raccontava alla madre della paura e dello sconforto e del fatto che con il marito stesse cercando un posto diverso in cui trovare rifugio.
“Non avrei mai pensato che avrebbero deciso di prendere il mare – mi confessa tra le lacrime -. Io e mio marito abbiamo addirittura ipotizzato che sarebbero tornati da noi in Siria e ci stavamo organizzando per accoglierli a casa nostra. Sapevamo che non avrebbero lasciato nulla di intentato, soprattutto per salvare la vita alla figlia disabile, bisognosa di tante cure, ma non avremmo mai immaginato quella scelta. Ci siamo resi conto di cosa stava accadendo solo dopo l’ultima telefonata.”
La linea cade e solo dopo sei giorni riesco a contattare nuovamente Em Ayoub in Siria. A causa dei bombardamenti le linee sono sempre più deboli ed è difficile mettere in funzione i generatori. Mi racconta che quel giorno e nei giorni successivi ha provato più volte a richiamare la figlia, senza successo. La conferma del viaggio in mare arriva da un amico di famiglia, rimasto in Libia, il quale le riferisce che tramite il passaparola Munira e il marito erano entrati in contattato con alcuni uomini che organizzano la traversata verso l’Europa. 1500 euro per i ragazzi, 2500 euro per gli adulti. Munira e il marito avevano così deciso di vendere tutto ciò che restava loro per tentare la fuga verso una vita migliore.
La telefonata l’avevano fatta prima dell’imbarco, quando si erano resi conto che della nave sicura promessa da quegli individui non c’era ombra e l’unico mezzo per la traversata sarebbe stato il gommone che avevano davanti. È sempre l’amico di famiglia che qualche giorno dopo, tramite un suo parente partito sulla stessa imbarcazione, riesce a dare a Em Ayoub un aggiornamento. Drammatico. Munira e la sua famiglia, sono rimasti vittime di un naufragio. La figlia di Munira è deceduta poche ore dopo la partenza, forse per la paura. La madre l’ha tenuta stretta tra le braccia perché gli scafisti non capissero che era morta e la gettassero in mare. A largo di Cipro l’imbarcazione ha subito un’avaria e decine di persone sono cadute in acqua e annegate. Tra loro anche la famiglia di Munira.
“Forse sarebbe stato meglio se fossero morti sotto le bombe a casa loro – dice in lacrime Em Ayoub- . Il mare non restituisce i corpi. Mia figlia è morta stringendo il corpo di sua figlia. Io non riavrò nessuna delle due. Nemmeno un posto dove piangerle. Forse se lo sentiva che non ce l’avrebbe fatta, per questo continuava a chiedere perdono. Ma io non ho nulla da perdonarle. Cosa posso recriminare a una figlia che tenta di mettere in salvo la sua famiglia?”.
È vero, il mare non restituisce sempre i corpi. Quello stesso mare che guardiamo da qui, dal Mediterraneo del nord. sotto quelle acque ci sono migliaia di esseri umani in fuga. Una di loro si chiamava Munira e abitava a Hama, in Siria.
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