Non si arresta l’offensiva dell’esercito di assad sulle città siriane. Nella sola giornata di ieri ci sono state 63 vittime, tra cui 6 donne e 2 bambini, cadute a seguito dei bombardamenti: 22 a Damasco e provincia, 14 ad Aleppo, 7 a Idlib, 6 a Dar’à, 5 a Deir Ezzor, 5 a Homs, 4 a Hama. 9 persone sono invece morte sotto tortura. L’ennesimo drammatico bilancio di una giornata di violenza contro i civili inermi, in cui sono stati presi di mira quartieri residenziali dove la gente abita ancora nelle proprie case. Se, infatti, in molte città c’è stato un esodo di massa e si moltiplicano i cosiddetti quartieri fantasma, sono ancora milioni i siriani che, nonostante i bombardamenti, restano nelle loro case e lo fanno soprattutto per due ragioni: la prima è che non saprebbero più dove andare, la seconda è che sono disarmati e non vogliono abbandonare le proprie vite e le proprie dimore per finire in una tendopoli o dover migrare e rischiare di morire altrove, da stranieri, senza alcuna colpa. E’ una forma di resistenza pacifica, comprensibile, un desiderio di rimanere ancorati alle proprie radici e non consegnare le proprie città e la Siria tutta nelle mani di chi la sta distruggendo.
E si trovava nella propria casa, seduta a tavola, una famiglia di quattro persone rimaste seppellite per 10 giorni sotto le macerie nel quartiere di Hay Alsha’ar, ad Aleppo e ritrovate ieri da alcuni vicini. Secondo una prima ricostruzione dei volontari impegnati nel tentativo di recuperare i corpi, la famiglia si trovava seduta nella propria sala da pranzo quando è caduto un barile-bomba sul loro palazzo. La forza dell’esplosione avrebbe sbalzato fuori i corpi, facendoli cadere su uno spiazzo adiacente, su cui sono poi cadute le macerie dell’abitazione vicina, che hanno finito per seppellirli. “Siamo in tre, stiamo scavando a mani nude – ha raccontato all’inviato di Halab News uno degli uomini impegnati sul posto -. Stiamo scavando da quattro ore e abbiamo bisogno di altrettanto tempo per completare le operazioni di recupero delle salme”. Nelle immagini si notano i corpi ormai rigidi delle vittime e l’impegno dei soccorritori, che non sono professionisti, ma volontari, muniti solo di alcune pale, che cercano di estrarre i corpi.
Sono scene drammatiche, che non rendono minimamente l’idea del clima di tensione, angoscia e dolore in cui sono costretti a vivere i civili siriani. Lontano dai teatrini politici, lontano dai combattimenti, milioni di persone subiscono l’incessante minaccia delle bombe, che violano la sacralità di case, ospedali, scuole, luoghi di culto e continuano a provocare morte, distruzione e ferimenti. Secondo i dati forniti lo scorso mese dall’Osservatorio Siriano per i diritti umani, in base ai dati raccolti nelle diverse città dai suoi operatori, sono oltre 1 milione i feriti in Siria, di cui più di 650 mila mutilati. Oltre al dramma della morte, c’è il dramma dell’emergenza umanitaria, che si aggrava di giorno in giorno.
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