A colloquio con Luca Bauccio, avvocato penalista, scrittore, fondatore di YouReporter e di Radio Diritto Zero, nonché grande estimatore di Pasolini
Luca Bauccio, avvocato penalista, “legge, scrive, studia e non è in vendita”: vuole presentarsi ai nostri lettori?
“Compito difficile, ovviamente. Partirei proprio da questa frase: un avvocato deve tenere dei punti fermi se vuole essere fedele alla sua professione e a se stesso. Aggiornarsi, non credere mai di bastare a se stesso, essere curioso, condividere le proprie esperienze e farne motivo di crescita. Se fai l’avvocato in questo modo, la professione diventa una scoperta quotidiana e questo per me è lo stimolo più avvincente. Il senso di quello che fai sta proprio in questo: contribuire a non far guastare la grande macchina umana, ripararne i difetti, cambiarne i pezzi, insomma contribuire a tenere acceso il motore del nostro mondo, così pieno di imperfezioni, di ingiustizie, di dolore gratuito, di male banale. Ecco perché sento come un dovere impegnarmi per i diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati. Ecco perché non si può essere in vendita se si vuol fare con onore questo mestiere”.
Nel corso della sua carriera ha difeso personaggi con casi giudiziari particolarmente complicati, da nomi eccellenti come quello di Rachid Ghannouchi, a illustri sconosciuti. Cosa l’ha spinta ad accettare simili casi?
“Proprio ciò che dicevo poco fa: ci sono diritti che nascono con l’uomo, nessuno li può sopprimere, a nessuno può essere dato il potere di annullarli. La libertà è, assieme alla vita naturalmente, il diritto più grande. Senza la libertà muore l’uomo e muore qualunque speranza di crescita umana. In Tunisia per venti anni (ma già da ben prima con Bourghiba) un dittatore di nome Ben Alì aveva cancellato proprio questo bene prezioso costringendo Rachid Ghannouchi, colpevole unicamente di essere il leader di un partito che aveva vinto le elezioni, a fuggire all’estero. In questi venti anni, fino al trionfale rientro in patria dopo la caduta del regime, ho assistito i membri di Al Nahda perché ottenessero lo status di rifugiati, l’unico modo per sfuggire al pericolo di essere rimpatriati e di finire ammazzati nelle galere del regime. E mentre io li difendevo nei tribunali, Ben Alì veniva ricevuto in Europa con tutti gli onori, sebbene fosse un dittatore avido e violento. Poi però la storia si prende le sue rivincite. Diciamo che la guida che tengo presente è solo una: seguire il diritto è l’unica cosa che dà la sicurezza che prima o poi i conti tornano”.
Il suo comandamento è: “Primo, non diffamare” e cercando su Google il suo nome esce la voce “Al Qaeda, Al Qaida”. Ce ne vuole parlare?
“Bell’accostamento! Scherzi a parte Al Qaeda! Al Qaeda! è il titolo del docufilm che ho realizzato con la regia di Beppe Scutellà sulla disinformazione in Italia. La regola imperante come sappiamo è: sbatti il mostro in prima pagina. Come avvocato faccio questa esperienza ogni giorno seguendo tanti casi di diffamazione. Nel docufilm raccontiamo di alcuni di questi casi, dove alla manipolazione della realtà si uniscono la violenza verso le persone, la loro vita, la loro storia personale e la loro identità. È facile costruire carriere creando mostri, qualcuno lo ha capito e ne ha approfittando. Per fare un esempio, scagliandosi contro la minoranza musulmana e accusandola indistintamente di sostenere il terrorismo negli scorsi anni si riusciva a diventare deputati, a ricoprire incarichi di prestigio nei giornali, ad essere ospiti fissi nei talk show. Diffamare rende molto, per questo come avvocato mi impegno nei tribunali perché invece costi caro offendere la reputazione delle persone”.
Da principe del foro a pioniere in Italia nel campo del citizen journalism: cosa l’ha spinta ad intraprendere l’avventura che ha portato alla fondazione di YouReporter?
“Grazie del complimento ma sono solo un avvocato. Considero YouReporter una prosecuzione del mio impegno: dare la possibilità a tutti di essere testimoni della realtà significa scardinare il monopolio della notizia. Chiunque con un telefonino può documentare un fatto e far vedere a tutti ciò che magari nessuno avrebbe mai mostrato. Il citizen journalism è la risposta dei cittadini alla informazione tradizionale, non una sfida ma una sana competizione. In questi giorni abbiamo visto le immagini dell’alluvione in Veneto. All’inizio però, quando i media tradizionali correvano dietro alle notizie di politica, le prime immagini erano quelle di YouReporter. Sul nostro sito la prima “notizia” era data proprio da quelle immagini, le persone erano coinvolte da quell’evento, quella era la realtà. Altrove invece la solita seduta ipnotica: finte notizie, chiacchiere, gossip, niente di più lontano dalla realtà”.
Informazione e diritto in Italia: come definirebbe questo binomio?
“A volte questi due termini, piuttosto, mi appaiono come una antinomia. L’informazione e il diritto dovrebbero essere un amalgama perfetto dello stato di diritto. Credo nel motto einaudiano: ‘conoscere per deliberare’. La conoscenza, il sapere, il rispetto della realtà sono la condizione essenziale per l’esercizio dei diritti civili, il voto prima di tutto. Non c’è sovranità, non c’è libera scelta se non c’è una informazione onesta. Una società in cui la verità viene storpiata, in cui impera la calunnia, il gossip, la manipolazione della realtà non è un società libera e i cittadini sono solo dei prigionieri che si illudono di essere liberi”.
Cosa comporta “combatte lo strapotere dei media” operando anche sul loro stesso campo: un sito di informazione partecipativa, libri-denuncia, un docufilm e anche una radio?
“Non è una impresa semplice. Oggi internet dà una grande possibilità: fare a meno dell’informazione tradizionale è possibile, così come è possibile ricostruire l’identità delle persone attraverso l’uso dei nuovi media, compreso la web radio, producendo contenuti alternativi in grado di far vedere la realtà e smascherare l’impostura. Questo è ciò che faccio anche come ideatore di CABA Reputation un progetto che si propone di intervenire proprio a riparare i danni che la disinformazione o le campagne diffamatorie producono. E stiamo avendo risultati impressionanti: sconfiggere il mostro della disinformazione si può”.
Radio Diritto Zero è la web radio da lei fondata, dove è speaker, intervistatore, commentatore e che ha contatti ed ascoltatori in varie zone del mondo: si aspettava questo straordinario successo?
“No, se devo essere sincero. Pensavo di fare una cosa per diletto e invece è diventato un luogo in cui dire e ascoltare tutto ciò che altrove è semplicemente vietato dal conformismo e dalla disonestà intellettuale. Guardiamo per esempio alla tragedia siriana: oltre 140 mila morti, milioni di profughi, una guerra in un paese bagnato dal nostro stesso mare, un paese dalle tradizioni millenarie che va letteralmente in rovina e cosa sentiamo e cosa vediamo sui nostri media? In Egitto un colpo di stato ha soppresso la democrazia e imposto il regime di un piccolo tirannello in versione simil-costituzionale. Anche qui: cosa sentiamo e vediamo sui nostri media? Potremmo continuare. Ma la conclusione non cambia: i nostri media sono provinciali, la pagliuzza sembra una trave e la trave diventa invisibile”.
A proposito del citizen journalism, come commenta quanto accade in Siria da tre anni, anche sul piano dell’informazione?
“Credo che senza il citizen journalism oggi dalla Siria potremmo ricevere solo notizie drogate dalla propaganda del regime di Assad. E invece è grazie ai video e alle fotografie dei siriani che la tragedia siriana è diventata la tragedia del mondo. E se anche questo mondo cerca di non accorgersi, di girarsi dall’altra parte, di far finta di non vedere quella realtà deve continuare a gridare l’orrore che si consuma ogni giorno in quel paese. Questa è l’unica speranza alla quale ci aggrappiamo nella speranza che questo sterminio programmato del sirian killer Assad abbia fine”.
Ci consenta una domanda più personale: lei cita spesso Pasolini. Cosa ama di più di questo grande scrittore e poeta?
“Pasolini un volta scrisse: ‘i diritti civili sono i diritti degli altri’. È il mio motto, ciò che mi guida e mi convince ad andare avanti così. Una frase bellissima che contiene il senso profondo del diritto e della giustizia. Pasolini è stato un intellettuale profondo, vero, dirompente, il più grande che l’Italia abbia avuto assieme a Leonardo Sciascia. Di Pasolini mi colpisce la sua lucidità ma anche la sua dolorosa esperienza di vita di perseguitato. Spesso trattato come un mostro è stato colui che meglio di tutti ha denunciato il Palazzo, i suoi intrighi, la sua impudicizia. Nessuno meglio di lui è stato capace di rompere il conformismo ipocrita della società italiana e anche della sinistra italiana alla quale lui apparteneva. E poi la sua struggente intuizione che i valori della terra, della tradizione, della campagna erano un patrimonio che stavamo distruggendo in modo becero e insensato. E se vediamo oggi al bisogno di recuperare quei valori, quella dimensione, capiamo quanto fosse moderno Pasolini. Oggi l’Italia avrebbe bisogno di Pasolini, per svegliarsi dall’ipnosi, e se Pasolini fosse vivo sono sicurissimo che ci parlerebbe dei diritti dei detenuti, del diritto ad una informazione onesta, della libertà dei popoli, e la sua voce contro i tiranni e gli oppressori sarebbe un tuono irresistibile”.
“Senza il citizen journalism dalla Siria potremmo ricevere solo notizie drogate dalla propaganda del regime”
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