Gli abitanti di Homs su Ginevra 2: non ci ricatteranno con la fame

1545878_699061123462150_1205165111_n19 gennaio 2014 – Homs assediata

Cosa si aspetta il popolo siriano dal vertice di “Ginevra 2”, che inizierà il prossimo 22 gennaio e che vedrà anche la partecipazione del National Coalition for Syrian Revolutionary and Opposition Forces, l’organismo internazionale che riunisce le principali componenti dell’opposizione nazionale siriana?

Nei quartieri di Homs, assediati da oltre 600 giorni, hanno le idee chiare: “Non ci compreranno con un po’ di cibo. Sono quasi tre anni che non hanno fatto nulla per noi; ora andranno a negoziare sulla nostra pelle per chiedere di rompere l’assedio? Non ci ricatteranno con la fame”.

Circa due milioni di persone tra Homs,  e altre località della Siria, in particolare nella periferia di Damasco, stanno morendo a causa dell’assedio. La prima zona colpita da questa forma di condanna a morte collettiva è stata proprio Homs. La gente del posto oggi si sente abbandonata e non ha alcuna fiducia nelle iniziative politiche che vengono intraprese all’estero, non si sente rappresentata da nessuna sigla e ribadisce la propria volontà: dignità e libertà per il popolo siriano, senza condizioni.

Un atteggiamento certamente comprensibile, specie se si pensa che da oltre due anni il popolo chiede almeno l’istituzione di una no fly zone e l’apertura di corridoi umanitari – mai messe in atto – e se si considera che al tavolo dei negoziati è prevista la partecipazione del regime, l’artefice del genocidio siriano. Quali potrebbero essere oggi le alternative? L’opposizione politica siriana all’estero è giovane e per molti versi ancora debole: in oltre 40 anni di regime i siriani della diaspora non si erano mai uniti e non avevano mai fatto sentire la propria voce congiuntamente. Ma di fatto la congiuntura non ne favorisce il lavoro: gli irremovibili sostenitori del regime (Iran, Russia e Cina)  da un  lato, gli Usa e molti paesi del Golfo dall’altro continuano a trattare sulla pelle del popolo siriano per affermare le proprie ragioni e tutelare i propri interessi e i propri piani geo-politici nella regione mediorientale, senza tener minimamente conto della volontà del popolo siriano.

Non vi è dubbio che la Siria sia lo scacchiere su cui oggi si gioca una partita all’ultimo sangue (non il loro) tra le grandi potenze del mondo. Molto più di una guerra fredda, una sorta di guerra mondiale che si combatte in un perimetro ristretto, su un terreno fortemente strategico.  Sul campo una varietà di forze armate che nulla ha a che vedere con ciò che il popolo siriano vuole e questo il popolo lo ribadisce: la rivoluzione in Siria è iniziata per rovesciare il regime e chiedere libertà e dignità. Nessun disegno scritto all’estero potrà trovare i consensi della popolazione, specie dopo tanto patimento e dopo il sacrificio di così tante vite umane.