“Sui banchi di questa scuola scuola c’è il presente e futuro della Siria: bambini e bambine intenti a studiare nonostante i bombardamenti, nonostante una vita da sfollati nel loro stesso Paese. Guardandoli ho pensato ai miei nipoti: questi piccoli angeli sono tutti nostri figli: dobbiamo svegliarci ogni mattina e pensare a loro, andare a letto e pensare a loro, metterci una mano sulla coscienza e pensare sempre a loro…
Raccontano la guerra, i bombardamenti, la fuga; raccontano le privazioni a cui sono stati costretti. Ma sanno parlare anche di speranza, sanno sognare. Tra di loro c’è chi vuole fare il medico, chi il maestro, chi il commerciante. Non hanno paura di usare la parola domani, la parola futuro. L’unica cosa che li spaventa è di perdere i genitori, gli amici. Conoscono già la parola nostalgia, ma le affiancano sempre la parola hobb, amore: per la famiglia, per la Siria, per la horrie, la libertà.
In loro ho visto una dignità e un coraggio sorprendente. Sono piccole donne e piccoli uomini cresciuti prima del tempo. In loro ho visto il ragazzo che ero, quando, ormai tanti anni fa, ho lasciato la Siria dopo aver completato gli studi superiori per partire verso l’Italia e iniziare gli studi di medicina.
Ho lasciato questi angeli con un’affetto infinito. Li ho affidati a Dio, pregando che li protegga da ogni male. Ho lasciato i miei nipoti siriani e con loro un pezzo del mio cuore”…
Dal racconto di Mohamed Nour Dachan
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