Dieci anni fa i bombardamenti governativi sul Media center del quartiere di Bab Amr, a Homs, in Siria, provocarono la morte della giornalista Marie Colvin e del fotografo Rémi Ochlik. Nello stesso bombardamento rimasero feriti anche Paul Conroy, collega di Colvin al Sunday Times, e la reporter Edith Bouvier. Il giorno precedente nella stessa zona era stato ucciso il citizen-journalist siriano Ramy El Sayed. Gli attacchi deliberati contro i giornalisti hanno reso la Siria uno dei Paesi ai posti più bassi della classifica mondiale sulla libertà di stampa.
Per le giornaliste della mia generazione Marie rappresentava una fonte inesauribile di ispirazione. Nel corso della sua carriera ha coperto guerre, migrazioni, crisi internazionali, rivoluzioni. Durante un reportage in Sri Lanka perse l’occhio sinistro a causa dello scoppio di una bomba, ma nemmeno questo la fermò.
Così scriveva Reporters without borders il 22 febbraio 2012: “We condemn in the strongest terms this three-fold crime. The Damascus government is persisting in its bloody policy of censorship and suppression of information,” Reporters Without Borders said. “It has decided to punish the entire population collectively and to use the most violent means to silence those journalists who witness its excesses. “The international community can no longer remain passive in the face of the tragedy sweeping towns and cities that are the strongholds of pro-democracy protests.” U.N. Security Council resolution 1738, passed on 23 December 2006, obliges states to ensure the safety of journalists in war zones. Journalists and media centres are neutral and can in no sense be regarded as targets. The building was believed to have been deliberately targeted, since it was public knowledge that it was used regularly by journalists. The city of Homs has been virtually under siege since the start of pro-democracy protests, of which it is a hotbed, preventing journalistshttps://rsf.org/en/news/trapped-journalists-killed-hell-homs-bombardment
I Siriani non dimenticano Marie e tutti i giornalisti che hanno perso o rischiato la vita, che sono stati sequestrati o arrestati, per raccontare il dramma della guerra sulla pelle dei civili.
Per conoscere la storia di Marie Colvin si possono leggere i libri “In prima linea”, edito da Bompiani, che raccoglie tutti i suoi reportage e “A private war”, scritto proprio dal suo collega Paul Conroy (il titolo in italiano “confesso che sono stata uccisa”, perdonatemi, è orribile). Sulla vita della reporter americana è uscito un film che porta lo stesso titolo del libro, “A private war”, diretto da Matthew Heineman.
Aver seguito tanto da vicino la tragedia siriana aiuta a capire meglio anche quello che sta succedendo oggi in Ucraina. Basterebbe ricordare a tutti che ormai da diversi anni la Russia ha basi militari al porto di Tartouss, in Siria, nel cuore del Mediterraneo. Su questo scriverò nei prossimi giorni, intanto può essere utile la lettura di questo mio vecchio articolo: https://www.panorama.it/news/siria-una-colonia-russa-nel-mediterraneo
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