Le vittime di tortura in Siria e i loro familiari chiedono giustizia da quasi mezzo secolo, da quando nel Paese mediorientale si è instaurato il regime degli Assad, prima il padre Hafiz e dal 2000 il figlio Bashar. Il ricorso alla tortura nelle carceri e nelle stanze degli interrogatori siriani è sistematico, strutturato. Per oltre quarant’anni i siriani che hanno subito abusi e sono rimasti nella madre Patria hanno dovuto restare in silenzio per evitare ulteriori ritorsioni. Per anni le uniche denunce e gli unici racconti di questi orrori sono arrivati dai siriani della diaspora.
Nel 2008 l’attivista politico Mustafa Khalifa pubblicò “The shell: Memoirs of a Hidden Observer” tradotto in italiano da Castelvecchi con il titolo “La conchiglia: i miei anni nelle prigioni siriane”, raccontando la sua esperienza di dodici anni in regime di detenzione e tortura senza mai aver subito un processo. Il libro scoperchiò, almeno sotto il profilo morale, un vero e proprio vaso di Pandora.
Nel 2013, a due anni dall’inizio della rivoluzione siriana, grazie al lavoro di un fotografo forense – ribattezzato Caesar – che per ani aveva documentato i corpi martoriati delle vittime di tortura nelle carceri del regime siriano, il mondo ha potuto vedere le terrificanti immagini trafugate dei corpi delle donne e degli uomini morti sotto tortura. “If dead coul speak. Mass Deaths and Torture in Syria’s Detention Facilities” questo il nome del dossier, ha definitivamente squarciato il velo su quanto accade da anni lontano da sguardi esterni. Il libro “La macchina della morte”, della giornalista indipendente Garance Le Caisne, racconta questo orrore.
La repressione, la guerra e il terrorismo che insanguinano la Siria dal 2011 hanno provocato, secondo le stime dell’Onu, oltre 6 milioni di profughi. Molti sono arrivati in Germania e proprio lì, grazie alla denuncia per crimini contro l’umanità presentata da alcuni familiari di civili torturati, del regime è iniziato ad aprile nella città di Koblenz un processo storico contro Anwar R. and Eyad A., due ex agenti dei servizi segreti siriani.

Branch 251 è una piattaforma online con podcast che “ti porta nel cuore del primo processo penale al mondo che si occupa di crimini atroci commessi da funzionari siriani. I pubblici ministeri della città tedesca di Koblenz accusano due presunti scagnozzi del governo siriano di crimini contro l’umanità commessi nel centro di detenzione “Branch 251” vicino a Damasco. Branch 251 offre un aggiornamento bisettimanale sul processo. Con i ritratti dei principali protagonisti, commenti, analisi e testimonianze dall’aula di tribunale, soprattutto dalle vittime e dalle loro famiglie in cerca di giustizia. Ma un tribunale tedesco in una città di cui poche persone hanno sentito parlare sarà in grado di pronunciarsi? O ci sono troppi ostacoli all’orizzonte?
Trovate Branch 251 sul web (branch-251.captivate.fm) e su Twitter @Fritz_Streiff e @paulinepeek.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica americana e mondiale su quanto accade in Siria, l’artista e insegnante Marc Nelson, trasforma da anni le foto della guerra e delle vittime di tortura in disegni, cercando così di rendere le immagini meno drammatiche, ma ugualmente efficaci nel denunciare i crimini. Qui racconta il perché della sua scelta:
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