Perché accolgo e rilancio l’appello del Papa

Su_Santidad_Papa_Francisco (1).jpgLo scorso 14 settembre, durante una messa in ricordo di padre Jaques Hammel, barbaramente ucciso a Rouen, in Francia, Papa Francesco ha rivolto un appello: Quanto mi piacerebbe che tutte le confessioni religiose dicessero: “Uccidere in nome di Dio è satanico”.  Le parole del Pontefice, pronunciate con dolore e coraggio, sono un’esortazione che non ho potuto non accogliere e rilanciare. Da credente e da teologa, infatti, non mi stancherò mai di dire che tutte le barbarie e i crimini che vengono commessi in nome di Dio, in nome di Allah, non sono altro che una bestemmia, un’offesa ai valori e agli insegnamenti della fede. Uccidere bambini, civili disarmati e innocenti, religiosi e persino animali e piante è considerato dall’islam haram, peccato, anche in contesti di guerra.

Da troppi anni stiamo assistendo a un uso blasfemo e strumentale del nome di Allah, tanto che è stata sdoganata l’espressione “terrorismo islamico”, che oltre a ferirci come credenti, costituisce di per sé un ossimoro. Il terrorismo è l’opposto della fede, non una sua espressione. L’islam oggi è diventato una sorta di brand per le multinazionali del terrore, che usano il nome e la simbologia di questa religione per attirare adepti e per crearsi una bandiera sotto la quale operare. L’islam è diventato una copertura che incarna l’immagine del nemico perfetto nascondendo la realtà di militari e funzionari di servizi collusi, miliziani e contractors, trafficanti di armi e di esseri umani, poteri nascosti che stanno ridisegnando la geopolitica del Medio Oriente e gli equilibri e le alleanze internazionali. Questa copertura in molti casi è sostenuta da religiosi corrotti e politicizzati, che indottrinano giovani in cerca di un’identità e di un riscatto e inquinano le loro menti con l’odio e la propaganda. Tutto questo forse rappresenta il peggior incubo per i fedeli, che vedono macchiata per sempre la propria immagine e la propria identità. Cos’è tutto questo, se non opera del diavolo, che è l’incarnazione del male, della corruzione, della falsità? Ecco perché io abbraccio e faccio mio il pensiero di Papa Francesco. Uccidere in nome di Dio è satanico, è opera del demonio, è amal al-shaytan.

In Siria e in Iraq, dove Daesh/Isis ha iniziato a operare tra il 2013 e il 2014, conosciamo bene di cosa sono capaci i terroristi. Si sono insediati nella lotta di un popolo che chiedeva libertà e diritti umani, sono penetrati nel tessuto sociale fingendosi sostenitori dei partigiani per poi mostrarsi in tutta la loro crudeltà. Massacri, esecuzioni, stupri, pulizia etnica, distruzione del patrimonio storico e artistico. Sono il rovescio della medaglia delle azioni del regime che bombarda il suo stesso popolo, distrugge le sue stesse città, tortura i suoi stessi cittadini, li costringe alla fame, alla malattia e all’esilio. Anche tutto questo è demoniaco, disumano, terribile. Il resto del mondo ha poi conosciuto le atrocità di cui sono capaci questi criminali e ci sono state centinaia di vittime innocenti.

Per sconfiggere il terrorismo non servono bombardamenti, serve ben altro, iniziando dal blocco dei loro finanziamenti e della fornitura di armi e dall’interruzione dell’acquisto del petrolio iracheno e siriano su cui Daesh/Isis ha messo le mani. Andrebbero poi immediatamente bloccati tutti i loro canali di propaganda e chiuse le loro reti di comunicazione. È assurdo continuare a dare loro visibilità e spazio, condividendo i loro proclami e lasciando che facciano proseliti. La battaglia contro questo male, il male del secolo, è infatti anche culturale. I giovani devono avere gli strumenti per difendersi dai cattivi maestri ed evitare di diventare manovalanza di questa grande organizzazione criminale. Bisogna salvare i ragazzi da questi sussurri di satana.

Padre Hammel, descritto da tutti come uomo di dialogo e fratellanza, di fronte ai suoi giovani assassini aveva detto: “Vattene Satana”. Un’esortazione forte, carica di significato. Nei suoi carnefici l’uomo ha visto l’incarnazione del male, del demonio, di quello che islamicamente chiamiamo shaitan e contro il quale chiediamo continuamente rifugio in Dio. È stato ucciso mentre celebrava la messa, in un contesto consacrato. Ha dato una grande lezione di devozione, amore e coraggio. Il suo martirio mi ricorda quello di un religioso musulmano siriano che io non dimenticherò mai. Si tratta di Sheikh Safwan Masharqa, ucciso nel quartiere di Al Waer, a Homs, il 20 dicembre del 2013 mentre era sul pulpito della moschea di Omar. Questo mite religioso era grande amico di padre Francis Van Der Lugt , ultimo missionario a Homs, ucciso  il 10 aprile del 2013. Quando capì che i bombardamenti miravano proprio verso il pulpito, ha rivolto un appello alla misericordia di Dio, contro il male, continuando a pregare mentre i fedeli impauriti gridavano. È stata la sua ultima celebrazione. Questi religiosi sono il simbolo del vero significato della fede, che è amore e sacrificio. Contro chi uccide in nome di Dio, ascoltando satana.