17 gennaio 2014 – Aleppo, località Hanano
Un anziano a terra, ricoperto di coltre bianca; si tiene una gamba sanguinante. Sul quartiere abitato sono appena esplosi diversi ordigni. Ovunque ci sono polvere e detriti. I soccorritori si avvicinano, chiedono un’auto, ma le automobili non possono passare a causa dei detriti che bloccano l’ingresso della strada. Non arriva neppure la barella. Devono prenderlo in braccio. Uno dei soccorritori si rende subito conto della situazione: l’uomo ha perso un dito e la sua gamba è gravemente ferita, rimane attaccata al corpo da pochi centimetri di pelle. Non possono aspettare, vengono date le disposizioni: “voi prendetelo in braccio, io raccolgo la sua gamba”.
Per tutto il tempo l’uomo stringe nella mano ferita un tubetto di plastica. “Sono diabetico”, ripete ai giovani intervenuti. Forse quella confezione contiene medicine; un bene preziosissimo oggi in Siria, dove è sempre più difficile trovare farmaci. La destinazione dell’anziano è un ospedale da campo. In quella zona, infatti, gli ospedali non sono più funzionanti. Si vive e sopravvive solo grazie alla solidarietà gli uni con gli altri, alla generosità di soccorritori e volontari che intervengono per alleviare le sofferenze dei civili.
Queste, ormai, sono scene di vita ordinaria ad Aleppo e in molte altre città bombardate della Siria. Non servono le scuse di Brahimi, non servirà tra mezzo secolo commemorare. C’è un genocidio in corso da tre anni. Sono già state uccise oltre 140 mila persone; 12 mila sono i bambini al di sotto dei 16 anni. L’indifferenza mette a tacere le coscienze, ma non le bombe.
Video 1 – Anziano ferito in strada.
Video 2 – I soccorritori all’opera, cercano superstiti e feriti dopo i bombardamenti.
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