17 febbraio 2014 – Al Ghouta, provincia di Damasco
Il genocidio in Siria continua a consumarsi nel silenzio e nello stallo del mondo. Il dramma di un popolo che viene massacrato ormai da tre anni aveva fatto una breve e distratta comparsa sui media internazionali solo il 23 agosto 2013, in occasione del drammatico attacco chimico su Al Ghouta, nella periferia ovest di Damasco. Notizie distratte, confuse, più improntate a intessere trame oscure che a denunciare la morte di oltre 1300 civili inermi, di cui oltre la metà erano bambini. Poi la Siria è sparita, dalla cronaca e dalla memoria del mondo.
Eppure in Siria si continua, anzi, non si è mai smesso di morire: non solo armi chimiche, ma anche esecuzioni, bombardamenti, spari di cecchini, schiacciamento e soffocamento sotto le macerie, torture, malattie e ferite che in condizioni “normali” potrebbero essere curate, ma che a causa della mancanza di farmaci e medicamenti adeguati diventano mortali. C’è un’altra causa che sta provocando la morte di centinaia di persone, soprattutto bambini e anziani malati: l’assedio. Nelle ultime 24 ore sono decine i casi di bambini morti per gli stenti in tutta la Siria, in particolare ad Al Ghouta, la città diventata tristemente nota per l’attacco chimico. Eppure la morte silenziosa di tanti innocenti, non indigna nessuno. Siamo di fronte alla realtà di bambini che spirano a causa della fame, eppure la reazione a questo genocidio è il silenzio. La mancanza di latte materno provocata dalla malnutrizione, dalla paura e dal dolore che subiscono le mamme stesse, richiederebbe l’alternativa di latte in polvere. Ma nelle zone assediate neppure il latte si fa entrare. I neonati di queste località sono condannati a morte. La loro esecuzione è lenta, estremamente dolorosa. Passano dalla pace e dal calore del grembo delle loro madri alla fredda realtà di un mondo dove li attendono solo piccoli sudari bianchi.
In Siria si muore ogni istante, ogni ora, ogni giorno. Si continua a morire da tre anni. Anche l’indifferenza sta uccidendo questi innocenti. Se fossero i nostri figli a morire tra le nostre braccia affamati, staremmo a discorrere? Ci volteremmo dall’altra parte? Credo che cercheremmo tutti aiuto, un aiuto morale prima ancora che materiale, un aiuto che si traduca in un rifiuto categorico di tale abominio e che porti all’immediata apertura di corridoi umanitari. Invece in Siria la situazione continua a precipitare e oggi sono stati chiusi nuovi valichi di frontiera, bloccando l’ingresso degli aiuti umanitari anche nelle zone non assediate. Se esiste una giustizia in questo mondo, i colpevoli di questo infanticidio dovranno essere processati e condannati. Far morire di fame un essere vivente è un crimine contro l’intera umanità.
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