20 aprile 2013 – Homs, quartiere assediato di Assafsafa
Un bambino di dieci anni circa stende con un mattarello la pasta per fare il pane. “Cosa stai facendo?” – gli chiede il giovane che fa le riprese – “Sto facendo il pane per la mia famiglia e per i giovani dell’ESL. Il regime ci ha impedito di vivere normalmente, ci ha impedito di andare a scuola, ma Dio è stato generoso con noi e mi ha dato la possibilità di rendermi utile, di fare il pane per la gente; ci sono tante persone che sono fuggite, donne e uomini e tante altre sono invece rimaste e stanno resistendo, si stanno sacrificando”. “Cosa vorresti dire ai giovani che sono fuggiti”? “Vorrei dire loro che non abbiamo più bisogno del loro aiuto, il nostro aiuto arriverà da Dio. Per me chi è fuggito non è un vero uomo: si resiste rimanendo qui, si combatte rimanendo qui. A bashar al assad dico che noi restiamo e che il regime cadrà, non potrà nascondersi assad”.
La storia di questo bambino è toccante, è toccante il suo atteggiamento, lo sono anche le sue parole; non dice che il regime gli ha impedito di giocare, ma si rammarica del fatto che gli abbia impedito di studiare. Non si lamenta del fatto che debba lavorare, non chiede aiuto. E’ deluso di coloro che sono fuggiti e promette che resisterà. Lui, come migliaia di altri bambini siriani, è stato costretto a diventare uomo prima del tempo.
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