La bellezza salverà le nostre anime

Stanotte ho finito di leggere un libro sulla Siria di cui presto scriverò una recensione. Ne devo scrivere anche un’altra, relativa al libro di un amico e collega italo-siriano. I libri sulla Siria sono dolorosi. Fanno stare male. Dovrebbe esistere una regola per cui un siriano non dovrebbe leggere libri sul suo Paese in guerra. Se esistesse, però, sarebbe una regola assurda. Nessuno può strapparsi le radici e quando lo fa, finisce lentamente per morire.

Ora sto cercando nuove letture. Libri che parlino di arte, di bellezza. Libri che mi aiutino a respirare e tornare a vedere la luce. Sento di essermi prosciugata soprattutto dopo aver scritto tanto per il decennale della guerra in Siria e ora il mio cuore ha bisogno di tempo per riprendersi. Non so come descrivere questa sensazione. La mia è una stanchezza andata a nozze col dolore; questa coppia è mia compagna cronica ormai da tempo. In italiano direi che il mio cuore si è spezzato. In arabo direi che il mio cuore si è bruciato, qalbi ihtaraq. Il mio cuore è bruciato e spezzato allo stesso modo. Non mi sono mai voltata dall’altra parte. Non potrei mai farlo, nemmeno se continuando a guardare in quella direzione mi si dovessero bruciare gli occhi.

Prima di partire per il primo viaggio in Siria, un collega di lunga esperienza a cui chiesi consiglio – era la prima volta che andavo in un Paese in guerra – mi disse: “sai come parti, ma non sai come tornerai”. Aveva ragione. L’ho scoperto giorno dopo giorno. Quando ci si occupa di guerra, di diritti umani, di persone torturate, scomparse nel nulla, di donne abusate, di orfani, di famiglie sfollate e costrette alla fuga, si cambia profondamente. Il dolore entra nelle viscere e sconvolge lentamente l’anima. Il dolore logora come una fiamma che si autoalimenta. Questo viaggio si inizia con una valigia leggera, riempita di idealismo e buoni propositi e col tempo ci si ritrova con quella stessa valigia piena di lacrime e angoscia. Quella però è una valigia che non si può abbandonare. Come quelle valigie di cartone fragili, che però hanno raccontato la storia.

Per qualche notte leggerò poesie, c’è già il Magnificat di Alda Merini che mi aspetta e che non si sottrae mai ai miei occhi assetati di bellezza.