Sarmada, Siria – 19 agosto 2013
“Vieni nella mia stanza, vieni a vedere mio figlio Saed. L’ho partorito sotto un ulivo mentre fuggivo dal mio villaggio, a Khan Sheikun. Era una notte di stelle e bombardamenti. Non ha mai conosciuto la nostra casa; quando siamo arrivati qui aveva solo sette giorni”. È la testimonianza di una giovane donna siriana che ho incontrato a Sarmada, città del nord della Siria, anndando a visitare alcune famiglie sfollate che hanno trovato rifugio in una scuola. Ogni famiglia si è presa una “stanza”, una classe, come casa. Alcuni nuclei sono composti da otto, nove persone. Tutte condividono gli stessi bagni. Dormono su brandine procurate loro da alcune associazioni umanitarie che operano sul posto. Per cucinare usano delle bombole a gas. Si trovano in quella scuola da un anno e mezzo e oltre alle sofferenze dovute dalla loro condizione di sfollati, profughi nella loro stessa patria, subiscono le lamentele e il mal contento degli abitanti del posto. “Ci accusano di aver privato i loro figli della scuola occupando queste aule, ma cosa possiamo fare? La scuola comunque non funzionava, era autogestita da insegnanti volontari perché il regime ha bloccato tutto da oltre due anni. Dovevamo forse rimanere in strada con i nostri figli? Ora vogliono mandarci in un campo profughi; dovremmo andare a vivere nelle tende, ma siamo terrorizzati… il freddo d’inverno, la mancanza di sicurezza. E poi, se ci bombardano? Almeno qui abbiamo un tetto, lì saremmo spacciati” mi dicono in lacrime alcune donne.
Le testimonianze della mamma di Saed e degli altri abitanti della scuola di Sarmada mostrano un ulteriore aspetto della tragedia siriana, che colpisce in modo indiscriminato innocenti, privandoli dei loro diritti e scalfendo la loro dignità. Cosa risponderà il piccolo Saed quando gli chiederanno cos’è una casa?
Nei mesi scorsi ho avuto occasione di leggere diversi articoli a proposito di donne e bambine siriane vendute nei campi profughi: nei tuoi incontri di questi giorni ti è capitato di affrontare questo tema?
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