Dall’altra parte del mare – Il giorno delle stragi alla periferia di Damasco

Armi chimiche in SiriaDall’altra parte del mare – Il giorno delle stragi alla periferia di Damasco

21 agosto 2013 – Reihanly, Turchia

Dalle prime ore del giorno su Twitter arrivano notizie terribili su bombardamenti con armi chimiche nella periferia di Damasco, in particolare ad Al Ghouta. I primi bilanci sono terribili: si parla di almeno 650 morti ma nelle ore successive il numero provvisorio arriva ad 1228, di cui la maggior marte sono donne e bambini. Una strage agghiacciante, le immagini fanno il giro del mondo: persone soffocate, morte di una morte disumana. Mentre il teatrino della diplomazia internazionale recita il solito copione – dichiarazioni in politichese, prese di posizione neutrali, invio di fantomatici ispettori – inizia anche la guerra mediatica, con la propaganda del regime che fa le sue solite dichiarazioni.

Il 21 agosto ho alcune interviste programmate a Reihanly. Torno in Turchia, diretta verso uno dei campi profughi; i permessi ci sono, ma il gendarme mi invita gentilmente a seguirlo in ufficio. È molto cortese, mi offre un te turco e si scusa se mi fa attendere. C’è tensione, si percepisce. Arriva il responsabile e si scusa anche lui, pregandomi di avere pazienza, perché in seguito alle stragi alla periferia di Damasco gli ospiti del campo sono molto provati. Come non capirli: le loro famiglie sono ancora in Siria e non ci sono linee, non c’è nessun tipo di contatto e comunicazione con l’interno e loro sono dentro un campo profughi a poche centinaia di chilometri dalle città d’origine, dalle loro case, dai loro familiari, completamente paralizzati. Sono stanchi di vedere giornalisti, di vedere persone che vanno e vengono a osservare la loro situazione senza poi far nulla per aiutarli, di stranieri che vengono da paesi che sventolano la bandiera della Democrazia e del Diritto e rimangono impassibili insieme ai loro governi. Hanno forse torto? Accolgo l’invito a tornare in un secondo momento. Non è decisamente il momento di andare a incontrare le persone senza poter promettere loro altro che un impegno a livello giornalistico. So che è qualcosa di fondamentale, ma queste persone, questo popolo, il mio popolo, ha bisogno che cessi immediatamente il sangue.

Basterebbe mettersi un solo istante al loro posto per comprendere il loro dolore. L’esasperazione a cui portano certe situazioni è inimmaginabile. Bisogna stare a guardare mentre migliaia di innocenti vengono sterminati; è davvero possibile? È davvero umano? No, non lo è in alcun modo. Come si fa ad accettare che tante vite vengano spezzate così? Perché tanti bambini, tante donne, tanti giovani, continuano a morire senza alcuna pietà? Forse dall’altra parte del mare, con quel distacco che la distanza geografica in qualche modo impone, non arriva davvero la proporzione di questo dramma. Per quanto uno si sforzi, non riuscirà mai a comprendere cosa accade. Non sono di certo nella periferia di Damasco, ma stare in mezzo alle persone che vengono da lì e guardare l’espressione dei loro occhi è angosciante. Davvero, dov’è il resto dell’umanità mentre il popolo siriano viene massacrato? Per cosa si sta facendo pagare questo prezzo a così tante persone?

3 commenti

  1. un attacco grave quasi come quello delle torri gemelle. è incredibile quanto il mondo sia ingiusto. per le torri gemelle ne parlano quasi tutto il giorno e sono in tutti i libri di scuola, per questa strage domani tutti se ne saranno dimanticato, a parte la siria ovviamente anche per esempio quando qualche mese fa è crollato il grattacielo in bangladesh. migliaia di morti e domani chi se lo ricordava più?   DAVIDE FASSOLA

    ________________________________ Da: Diario di Siria A: tikkeiwjapan1999@rocketmail.com Inviato: Giovedì 22 Agosto 2013 10:25 Oggetto: [New post] Dall’altra parte del mare – Il giorno delle stragi alla periferia di Damasco

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