9 giugno 2012: una data che passerà alla storia della Siria e dell’umanità. In quel giorno, infatti, a oltre un anno dall’inizio della repressione da parte del regime di bashar al assad, iniziava l’assedio di Homs.
Nel cuore della notte l’esercito fece irruzione ad Al Ghouta, località strategica che rappresenta una porta d’accesso alla città; quindici quartieri di Homs sono stati così isolati dal resto del mondo: tutte le vie per raggiungerli sono state sbarrate dalle milizie governative.
All’interno dei quartieri assediati sono rimaste 800 famiglie, con 250 bambini di età inferiore ai 6 anni e 45 neonati – dati forniti da Situation on the ground in Homs – Queste persone sono costantemente in pericolo di vita: oltre ai bombardamenti e alle rappresaglie dei cecchini, che non si sono mai interrotte, sono minacciate anche dalla grave emergenza umanitaria, che si inasprisce di giorno in giorno.
La fornitura dell’acquedotto è stata interrotta e per bere e cucinare ci si approvvigiona dai pozzi, la cui acqua non è potabile e provoca numerose malattie.
La situazione igienico – sanitaria è drammatica: gli ospedali civili sono stati bombardati e funzionano solo quattro ospedali da campo, ormai allo stremo.
Anche il gas e le corrente elettrica sono stati interrotti il giorno stesso dell’inizio dell’assedio.
La città di Homs è stata condannata a morte 365 giorni fa. Non esiste alcuna giustificazione umanamente accettabile per cui un governo metta sotto assedio una città con i suoi abitanti; le ragioni geo-politiche sono invece evidenti. Sui cadaveri degli abitanti di questa città, sulle sue macerie, si sta disegnando il nuovo assetto politico e strategico internazionale. Gli alleati di assad si stanno aprendo una porta sul Mediterraneo. Per farlo uccidono un popolo inerme.
Video: un anno di assedio, raccontato in un 1 minuto e mezzo.
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