Le lacrime del piccolo venditore di ciambelle

943320_470534513027754_658622039_nIl bambino nella foto è un piccolo siriano profugo in Turchia, che  aiuta se stesso e la sua famiglia vendendo ciambelle.

Dolcetti tipici, che nella tradizione vengono commercializzati su carretti che si fermano agli angoli delle strade. Il piccolo non ha un carretto, ma appoggia la sua merce su dei teli puliti, che adagia su un marciapiede. Non ha più una casa, non ha più una scuola, non ha più la spensieratezza e la gioia tipica della sua età; la repressione gli ha portato via tutto, gli ha sconvolto la vita. Ma il piccolo venditore di ciambelle non si arrende e per aiutare la famiglia accetta di mettersi in gioco, di fare il venditore. La gente passa, si ferma, compra la quantità che vuole e se ne va. Ad ogni vendita il bambino sorride: in tasca entrano pochi soldi, ma saranno utili alla sua famiglia. Da quelle ciambelle dipende in parte la serenità sua, di sua madre e dei suoi fratellini. Il giorno in cui è stata scattata la foto il venditore di ciambelle era in lacrime: il maltempo ha rovesciato la sua merce, che è caduta a terra sporcandosi, diventando invendibile. Un passante lo aiuta a raccogliere i dolci, mentre le lacrime scivolano sul suo viso.

Un piccolo costretto a diventare uomo prima del tempo, che sente sulle sue fragili spalle il peso della responsabilità di una famiglia. Sembra un racconto del secolo scorso, del secolo delle guerre mondiali. Invece è un racconto di oggi, la storia di un bambino siriano profugo fuggito ai bombardamenti con la sua famiglia, che anche da profugo lotta per sopravvivere.

Vorremmo questo per i nostri figli? Lo accetteremmo impassibili?