Scomparsi in Siria da nove anni: ancora silenzio sui patriarchi di Aleppo

Sono passati nove anni dalla scomparsa dei vescovi ortodossi di Aleppo, il capo della chiesa siro-ortodossa, Yohanna Ibrahim, e il capo della chiesa greco-ortodossa, Paul Yazigi, ma il loro destino è ancora avvolto dal silenzio. In questo lungo lasso di tempo sono stati molti gli appelli da parte di organismi internazionali per fare luce sul loro rapimento, avvenuto a Mansoura, a ovest di Aleppo, il 22 aprile del 2013, ma ad oggi non si è ancora giunti ad alcuna verità. Il vescovo Youhanna Ibrahim, prima del suo rapimento, era impegnato in un’iniziativa di mediazione per liberare due sacerdoti cristiani di Aleppo, che erano stati rapiti il 9 febbraio 2013 e che si dice si trovassero nella città di Sarmada, vicino al confine turco-siriano.

Quel giorno i due religiosi stavano tornando in Siria dopo aver attraversato il confine turco, passando per diverse zone che all’epoca erano sotto il controllo di diverse fazioni armate legate all’opposizione antigovernativa. I sospetti sul sequestro si sono subito concentrati su alcune fazioni estremiste convogliate poi nell’autoproclamato Stato Islamico, ma la formazione terrorista non ha mai rivendicato il sequestro e non ha ammesso alcun coinvolgimento nella vicenda.

In occasione del nono anniversario dal sequestro, il Patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, Giovanni X, il Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente per i siro-ortodossi, e il capo supremo della Chiesa siro-ortodossa nel mondo, Ignazio Afrem II hanno lanciato un appello congiunto, in cui denunciano anche le gravi condizioni in cui versano i civili stremati da nove anni di violenze. Nel documento si afferma che la protezione dei cristiani in Siria deve passare dalla garanzia di una vita dignitosa a tutte le componenti sociali del Paese.

Gli Stati Uniti d’America hanno stanziato una ricompensa economica di cinque milioni di dollari per informazioni sui cinque religiosi cristiani rapiti in Siria, tra cui il gesuita Padre Paolo Dall’Oglio, rapito il 29 luglio del 2013. Nei giorni scorsi il Centro siriano di giustizia e responsabilità ha pubblicato un rapporto intitolato “Ravvivare la speranza: alla ricerca delle vittime dell’Isis scomparse”, in cui si afferma che circa seimila corpi sono stati scoperti in dozzine di fosse comuni scavate dall’organizzazione nel nord-est della Siria.  Secondo il documento, le varie ali dell’organizzazione utilizzavano sistematicamente una rete di 152 centri di sicurezza segreti, campi di addestramento e prigioni, di cui 33 nella sola città di Raqqa, per detenere civili rapiti e membri di gruppi armati rivali tra il 2013 e il 2017.