Un infermiere ventiseienne della Mezza Luna Rossa Curda, Bassem Mohammed, è stato ucciso da un uomo armato nel famigerato campo di Al Hol, nel nord-est della Siria.
L’organizzazione Medici Senza Frontiere ha rilasciato una nota in cui si definisce “scioccata e addolorata”, ricordando che gli operatori sanitari non possono e non devono essere un target di violenza, invitando a trovare soluzioni a lungo temine per porre fine alla mancanza di sicurezza nel campo, abitato prevalentemente da bambini e donne.
Il campo di Al Hol è tristemente noto per ospitare i famigliari dei terroristi dell’Isis, compresi i bambini, che vivono in condizioni disumane, pagando la colpa di avere i padri e le madri che hanno. Molte delle donne imprigionate nella tendopoli sono infatti reclutatrici e sostenitrici del gruppo terroristico che ha insanguinato la Siria e l’Iraq e altri Paesi, ma tra le donne intrappolate ci sono anche vittime dell’Isis, donne sequestrate e schiavizzate dai terroristi.
Secondo l’Onu lo scorso anno sono state uccise oltre cento persone ad Al Hol, altre centinaia sono rimaste ferite, con un aumento delle violenze anche contro i medici e il personale sanitario. La scorsa settimana è stato ucciso Adel Mofedi Ali, un chirurgo del villaggio di Al Tayyana, nella provincia di Deir Ezzore.
La situazione medica in tutta la Siria è allarmante, complice la pandemia da Coronavirus. Secondo i dati diffusi dalla Johns Hopkins University & Medicine i casi confermati (nelle aree governative) sono oltre 50mila e solo il 5,18% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale.
Sia nelle zone sotto il controllo governativo, sia in quelle sotto il controllo curdo (nord-est) e dell’opposizione (nord-ovest), mancano farmaci, strumentazione medica e personale. Il quadro più allarmante resta quello della regione di Idlib. Secondo Physicians for Human Rights, una ong che si occupa di violazioni di diritti umani attraverso la lente della medicina e della scienza, dei 602 attacchi contro ospedali confermati in Siria, ben 350 hanno colpito Idlib.
Nei giorni scorsi Idlib Health Directorate ha fatto sapere che ben diciotto strutture mediche hanno dovuto ridurre la loro attività, che serve un bacino di utenza di tre milioni di persone. A causare l’interruzione di molti servizi contribuisce anche il mancato rifinanziamento di molti progetti e contratti di operatori sanitari, ha reso noto Salem Abdan, il capo della direzione sanitaria. Tra i reparti chiusi ci sono medicina interna, pediatria, ginecologia e medicina d’urgenza.
Intanto i bombardamenti in Siria non si arrestano. Secondo fonti civili almeno tre persone sono state uccise in altrettanti attentati dinamitardi in diverse zone alla frontiera turco-siriana. Nei primi giorni dell’anno un attacco aereo ha colpito una stazione idrica a Idlib. Marks Cutts, rappresentante delle Nazioni Unite, ha confermato che l’infrastruttura di Al Arshani, che serve 3 milioni di persone, è stata gravemente danneggiata. Nell’attacco sono rimasti uccisi due bambini e una donna.
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