7/7/2013 – Idlib, località di Qariet Al Magharra
Una famiglia siriana di Idlib viene sorpresa in casa dal lancio di un missile. L’ordigno sfonda il soffitto e porta distruzione, paura, macerie.
“Poteva uccidere la mia piccola, poteva ucciderci tutti. Mia figlia era esattamente nel punto in cui è piovuta quella bomba. Appena mi sono accorto di ciò che stava per accadere l’ho presa in braccio e l’ho stretta a me, coprendole la testa con un cuscino. Grazie a Dio è viva. Grazie a Dio siamo tutti vivi. Pazienza per la nostra casa, ormai distrutta. L’importante è che siamo tutti salvi”.
Sono le parole del giovane padre siriano, la cui unica preoccupazione, ora che non ha più una casa, è di curare le ferite del corpo e dell’anima della sua famiglia. La sua piccola di cinque anni è rimasta traumatizzata dall’accaduto, ma potrà contare sull’amore e la protezione di un padre.
Forse questa, per molti, non è una notizia. Per me lo è: è la vita che vince sulla morte, l’amore che vince sul dolore. Se non raccontiamo queste storie, rischiamo di dimenticare che la guerra irrompe nelle vite di esseri umani come noi e le sconvolge. Richiamo di dimenticare che la guerra distrugge, uccide, cancella il presente e il passato dei popoli e ipoteca il loro futuro. Rischiamo di dimenticare che la guerra esiste e che in Siria ha già provocato più di 110 mila morti.
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